venerdì 5 aprile 2013

Tra passato, presente e...

Quando accade un evento storico si fa a gara a chi dice per primo quella fatidica frase: "Io c'ero". È una frase che secondo me riprende involontariamente il "celo/mi manca" che da piccoli ripetevamo aprendo i pacchetti di figurine.
Ecco, io quell' "io c'ero" me lo rivenderei volentieri, e con me penso se lo sarebbero rivendute molto più volentieri altre 300 persone circa.
Non possiamo mentire, non possiamo fare gli ipocriti come i tg, come i politici, come chi guardando il calendario come controllasse il proprio onomastico ricorda che il 6 aprile qualcosa è davvero cambiato. Purtroppo.
Io, noi che eravamo lì quelle maledette ore ce le ricordiamo tutte. E la cosa più strana è che di solitocalla fine di una giornata tendiamo a dimenticare tutto quello che abbiamo fatto e passato nelle ore precedenti, e quella volta invece non è successo, contravvenendo a qualsiasi teoria della rimozione, piantando una bandiera, una tacca di riferimento, un qualcosa che segna il prima e il dopo. Si contano gli anni prima e dopo Cristo, prima e dopo il viaggio di Maometto, abbiamo mille calendari sparsi nel mondo, e noi ne abbiamo aggiunto nostro malgrado uno, non affiggendolo, non cerchiandolo di rosso ad ogni compleanno, non cerchiando alcuna data. Questo soprattutto perché,  effettivamente, noi sappiamo che quello che è successo è successo il 6 aprile perché lo abbiamo letto, scritto a caratteri cubitali dovunque, sui muri, sui giornali, perché per noi c'è solo un buco, una spaccatura fra la notte del 5 aprile e il resto del tempo. Io, personalmente, ricordo quella domenica, che poi era domenica delle palme, perché ero appena tornato a L'Aquila, come al solito su un pullman dell'Arpa cercando di vedere in qualche modo una partita dell'inter in streaming, una partita qualsiasi ma che, in realtà,  a un amico ha praticamente salvato la vita. E poi una serata con un altro mio grande amico passata al pub a vedere una partita di cui non mi fregava molto sinceramente, ma tant'é, bastava stare insieme. E quei maledetti seggiolini che iniziavano a tremare per le prime scosse alle quali ci eravamo tristemente abituati, ma che forse erano solo un avvertimento. Un avvertimento.
Avvertivano che qualcosa, che tutto sarebbe cambiato, che quelli che io continuo a descrivere come gli anni più belli della vita di un ragazzo, quelli dell'università, a noi non sarebbero stati riservati così,  a noi che fortunatamente siamo ancora tutti su questa terra il destino non aveva dato la possibilità di continuare un cammino insieme. Ed è ovvio e normale che ogni tanto ci si fermi a pensare a cosa sarebbe successo se nulla fosse successo, ma è altrettanto strano capacitarsi del fatto che è impossibile concepirlo, immaginarlo, perché appartiene tutto ad un'altra vita, perché tanto c'era prima e tanto è nato dopo, come se in un qualsiasi teatro la scenografia fosse ruotata completamente, lasciando i personaggi sempre uguali ma cambiando l'ambiente senza possibilità di rivederlo, portando con sé purtroppo anche parte del cast della nostra storia. Eh sì, proprio un cast, perché durante un film tutti gli attori entrano e escono in momenti diversi, pochi si incontrano per girare scene insieme, eppure alla cena finale si va tutti insieme perché ci si sente tutti parte della stessa pellicola. La vita non è un film, però, e mai frase scontata fu più esatta. La nostra paura è stata reale, l'immagine di me in un vicolo mentre dal cielo cadono pezzi di cornicione mi torna avanti ogni volta che passo in una stradina, la voglia di nascondersi a poche ore da quanto accaduto solo perché un treno aveva fatto vibrare le finestre io l'ho sentita, il mondo che tremava io l'ho visto, una vita che si frantumava davanti ai nostri occhi, che cambiava completamente faccia lasciando della vecchia solo una enorme cicatrice noi l'abbiamo vista. 
L'Aquila NOI l'abbiamo vista, e alcuni di noi continuano a vederla ripensando a come era, soffrendo per come è e non riuscendo a immaginare come sarà,  perché un muro come quello sul passato lo abbiamo sul futuro.
Dateci scopa e un secchio di colla, ad affiggere la nuova scenografia ci pensiamo noi. E tutta a colori.