lunedì 12 agosto 2013

Sogno di una notte di 3/4 d'estate

Non tutti sanno che proprio oggi è la notte in cui è maggiormente probabile vedere delle stelle cadenti in cielo, e non la notte di San Lorenzo, anche se tradizione vuole che il naso all'insù sia prerogativa del dieci agosto. "Io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla arde e cade", forse perché nel mondo c'è un gran bisogno di desideri...
Noi, la società degli eterni insoddisfatti, di chi ha 100 e vorrebbe 1000, di chi ha 0 e deve sopravvivere, deve andare avanti anche magari attaccandosi ad uno stupido corpo celeste che solca il cielo incendiato. Eppure, forse, il bisogno di desideri non è solo una nostra necessità, forse c'è sempre stata la voglia di far influenzare la propria vita da agenti esterni! Ed è per quello che alziamo gli occhi al cielo, che li chiudiamo soffiando sulle candeline o mentre qualcuno ci allaccia un braccialetto della fortuna, che speriamo ci capiti la parte buona dell'osso del pollo o che la ciglia rimanga attaccata... 
Avere desideri è qualcosa da insegnare ai propri figli, che ormai non guardano più al cielo, allo stesso modo come bisogna insegnare loro che ognuno è artefice del proprio destino: perché la vita la dobbiamo decidere noi, ma ogni tanto qualche piccola soddisfazione è lecita sperarla. I desideri sono richieste fatte a cuor leggero, o talvolta a cuore troppo pesante da poter pensare che la realtà è quella che veramente viviamo, e che probabilmente nessuno può cambiare. 
Eppure...
Eppure è così bello pensare che ad occhi chiusi, per un tempo pari a quello con cui la meteora ci passa avanti agli occhi,  o pari a quello della fiamma di spegnersi, per un attimo ci solleviamo da terra e andiamo a pescare una speranza in cielo o nel profondo del cuore, lì dove nessuno può rubarla; la tiriamo fuori perché magari qualcuno ha voglia di realizzarla, o tutto il mirabile meccanismo del fato si mette in moto per aiutarci a realizzarla. 
Eh già... 
Molto spesso il desiderio è solo un modo di darci la spinta, quella spinta che a volte ci manda avanti e a volte ci trattiene dalle cose peggiori; perché è sempre una spinta sia quella che ci fa immergere nelle meraviglie degli abissi sia quella che ci tiene a galla per non affogare, e ogni anno potremmo avere bisogno di una o dell'altra. Ecco perché i desideri sono belli, sono un po' come fede in alcuni casi: uno spostamento della propria forza interiore verso l'esterno, la modellazione di qualcosa che ci dà la spinta per affrontare la vita. Non è paragonabile all'avere un semplice portafortuna, alla semplicissima ritualità di una superstizioni il desiderio non è nascosto nel gobbo sopra il corno rosso, o nelle code di svariati animali attaccate qua e là. 
Il desiderio è nobile, è puro e semplice, ha la candidezza e la bellezza del viso di chi chiude gli occhi per esprimerlo, serrando le labbra in un sorriso accennato che sembra dire che "forse non si realizzerà", oppure "che bello se si realizzasse", o " sarebbe un vero miracolo"... 
Io di braccialetti portafortuna brasiliani ne ho molti e ne avevo molti, e ho perso il conto dei desideri; ho tanto nella vita, forse 100 e vorrei 1000 sbagliando, però quel 1000 che vorrei per me significherebbe dare 100 ad ogni persona, perché se hai la felicità di chi ti è vicino e ti vuole bene non puoi desiderare altro. 
Ho 25 anni, quasi 26.
E gli occhi li chiudo ancora. 
Desidero...






lunedì 5 agosto 2013

Un chiletto di felicità

Questo post è nato già qualche tempo fa, ma altri impegni di scrittura ( e alcuni lettori sanno di cosa parlo ) mi hanno tenuto lontano dallo scriverlo. Oggi, visto che un po’ di tempo ce l’ho, ho deciso di mettere nero su bianco quello che ormai mi gira in testa da più di una settimana.
Tutti noi, chi più chi meno, abbiamo vissuto una parte dei nineties, ossia i favolosi anni ’90. Certo, tutti i decenni sono favolosi: e i favolosi anni ’60 perché c’era la Pavone, e i favolosi ’70 perché c’era il rock, e i favolosi anni ’80 perché si andava a ballare con la camicia con le punte e i pantaloni cipria come John Travolta ( ah, magari fossi nato quel periodo )… e io dico i favolosi anni ’90, anche se devo dire che anche il 2000 non è stato male.
Ecco, in quegli anni noi giovincelli del 1987, come si dice, abbiamo fatto lo sviluppo. Era il periodo in cui si iniziavano a guardare le ragazze, e soprattutto il periodo in cui si guardavano le bellissime attrici e modelle della tv, belle, precise e…magre!
Si dico magre, ma nell’accezione negativa. Era un po’ il periodo in cui si iniziava anche a sentire fortemente parlare dei problemi alimentari, tutto pur di assomigliare a quella modella lì o quella attrice lì. Non sono esperto del settore, non ho mai avuto problemi di quel tipo (no, proprio no!) e non voglio scrivere uno di quei post critici, ma voglio fare una riflessione.
Gli anni ’90 erano anche gli anni dei paparazzi, della privacy a tutti i costi, ed era nella solitudine di una stanza che questi problemi crescevano. Gli amici si vedevano sotto casa, al mare, ma il più delle volte i pasti erano in casa; guai a tirare fuori foto della discoteca, guai a far vedere ai genitori atteggiamenti lontani dalla castità domestica, GUAI!!!!
Bene. I favolosi anni ’90 se ne sono andati ormai da un bel po’. La privacy, probabilmente, con loro.
Finito il periodo dei rullini, delle telecamere con videoregistratore a spalla, finito il silenzio. Smartphone, fotocamere, divertimento, e soprattutto il binomio che io penso sia caratteristico di questa gioventù: social e happy hour.
La mia riflessione nasce dall’osservazione di quelle che definisco “trippette da happy hour”, ossia le pancette che ragazzi e ragazze mostrano al mare (ovviamente non mi riferisco a prominenti epe!), senza aver vergogna di nulla. Vedete, la pancetta è sinonimo di chi prende la vita con leggerezza, di chi sa divertirsi, di chi vive social. Al giorno d’oggi la parola d’ordine è share, ossia condividere. Si esce con gli amici, aperitivo, foto, Instagram, Facebook, Twitter, Google plus e chi più ne ha più ne metta…. L’aspetto più bello del social è che, ormai, si è portati a vivere in branco, fuori da quella prigione che era la camera da letto degli anni ’90, lontano dal riflesso di quello specchio che ogni giorno rifletteva una immagine più bella, ma più brutta; come direbbe un coautore del blog:” se non sei social sei fuori!”, ed è verissimo. Ormai avere Facebook o simili è obbligatorio, e le persone che non pubblicano si pensa siano rinchiuse in qualche eremo su Morrone a flagellarsi con del cilicio, invece che ad ubriacarsi con del Mojito.
Abbiamo trovato la nostra dimensione in uno spazio che di dimensioni non ne ha, e al contempo ne ha infinite: il web. La popolarità che una volta si misurava con il vociferare nei corridoi ora si misura in menzioni su Twitter, in numero di amici su Facebook, in +1. E, in fondo, è bello così.
Le persone non vogliono, e non possono far vedere di essere sole e tristi, non va bene. E così si esce, si cena fuori, si prende lo spritz con rustici che poco importa siano di tre o quattro giorni prima, perché al massimo ci sentiamo male tutti insieme. Si esce a prendere una birra, si va a mangiare a quella sagra piuttosto che a quell’altra, si ride, si scherza, e si mette la pancetta. E, cosa ancora più bella, la fatidica frase “prova costume” ormai non la dicono seriamente nemmeno più i giornali!!!
Io, dico la sincera verità, adoro la trippetta da happy hour, perché alla fine qualifica una persona.
Il palestrato, ad esempio, è quello che spende tutto in prodotti per il proprio corpo, sta 8,9 ore in palestra, e al compleanno ti regala un cronometro, così puoi prendergli i tempi delle prestazioni.
Il ragazzo con la pancetta, o la ragazza con la pancetta, è quella che non si nega l’uscita con gli amici, che si diverte, che se la inviti a cena non fa la tignosa… insomma è social!
Alla fine le nonne avevano ragione a dire di prendere quelle con i fianchi larghi, ma più che per il parto per tutto quello che viene prima ;) .
E poi,  in fondo in fondo, ci interessa qualcosa di quei chiletti di più? Alla fine lo specchio ci serve davvero?
A me sì, per vedere se sono sporco di gelato!
Cheers