martedì 7 gennaio 2014

I sogni segreti di Walter Mitty



Tra i film presenti al cinema durante il periodo Natalizio, quello che ha attirato maggiormente l'attenzione e la curiosità delle persone è stato senz'altro il nuovo lavoro, o per meglio dire, capolavoro, di Ben Stiller. Il motivo di tale curiosità è dovuta all'ingiusto paragone che in molti hanno fatto con Forrest Gump.
Si parla de I sogni segreti di Walter Mitty. 
Walter (Ben Stiller) lavora alla rivista Life, dove ricopre da sedici anni il ruolo di Editor fotografico. Attraverso le sue mani passano gli scatti provenienti da tutto il mondo, quelli che andranno a costituire le copertine e gli articoli del magazine. La vita di Walter scorre noiosa e ripetitiva fin quando non viene smarrito lo scatto 25 della pellicola spedita da Sean O'Connor, forse il più grande fotografo che lavora per Life. Nella lettera che accompagna la pellicola, Sean afferma che lo scatto 25 rappresenta la "quintessenza" della vita, il suo scatto più bello. Il problema è rappresentato dal fatto che quello scatto dovrà costituire l'ultima copertina della rivista, la quale è destinata a chiudere perchè non riesce più ad essere competitiva nell'era di internet.


Inizia così la ricerca dello scatto 25 che porterà Walter a vivere delle avventure meravigliose.
La presentazione del film è volutamente povera e poco entusiasmante. Il film va visto. Come detto, è ingiusto paragonarlo a Forrest Gump. Forrest, lo chiamiamo così perché è nostro amico, ci siamo cresciuti, ci ha fatto capire cos'è l'amore, l'amicizia e la fedeltà. Forrest è un'opera d'arte, un capolavoro che narra quarant'anni di storia americana, e lo fa attraverso gli occhi di Forrest, uno che tutti quanti vorremmo avere come migliore amico.
Vedere Walter Mitty è totalmente un'altra esperienza. Ti fa viaggiare. Ti fa viaggiare in un modo magico. La colonna sonora è sempre appropriata, corretta e puntuale. Si unisce alla meravigliosa fotografia, ai colori dei paesaggi che son talmente Belli (si, Belli) da sembrare finti.  Fotografia e colonna sonora si accoppiano alla perfezione, come se fossero precisi meccanismi di un orologio svizzero.
Lo spettatore diviene viaggiatore, fotografo e sognatore.



Durante un dialogo davvero meraviglioso, fatto più di sguardi che di parole, tra Walter e Sean, il fotografo, interpretato da un carismatico Sean Penn, spiega che a volte è più importante vivere il momento piuttosto che immortalarlo. Spesso egli è talmente rapito dall'inquadratura che  non riesce a scattare e così decide di vivere intensamente quell'istante, abbandonando l'obiettivo.


 Al termine del film, mentre tutti gli altri si affrettavano ad abbandonare la sala, non riuscivo ad alzarmi. Persino i titoli di coda con la relativa colonna sonora erano meravigliosi.

Sono molte le domande che questo film fa nascere. Quale potrebbe essere lo scatto che ritrae la quintessenza della vita? Solo con questa domanda potremmo scrivere un'infinita di post.


Poi, c'era un pensiero che mi rimbalzava in testa. Spesso capita, di fronte a delle opere d'arte (dipinti, sculture, palazzi, sinfonie, azioni del nostro sport preferito...) di essere colpiti a tal punto che non si è più in grado di far nulla, nemmeno di pensare. Personalmente son convinto che nel campo della fotografia questa cosa NON debba accadere.
Perchè scattiamo fotografie? Per avere dei ricordi, per catturare "l'istante", la luce,  i colori... insomma per tantissimi motivi.
Al giorno d'oggi siamo circondati da persone che fotografano qualsiasi cosa, pronte a pubblicar foto nelle loro pagine twitter o instagram. Tutti fotografano il piatto che mangeranno ma nessuno fotografa gli istanti che hanno accompagnato la preparazione di quel piatto. 
Alla fine di tutto, ci ricorderemo del cibo mangiato, o del tempo trascorso con gli amici o la famiglia a prepararlo?

Questo film mi ha lasciato con questo grande quesito: c'è qualcosa che può farmi desistere dallo scattare una foto? Qualcosa che possa "bloccarmi" al punto di decidere di vivere intensamente quell'istante senza immortalarlo?
Ci ho pensato a lungo e la risposta è No. Nulla.
Il principio alla base di questo "No" è: qualsiasi cosa è un filo, può spezzarsi da un momento all'altro. I luoghi, e soprattutto le persone, gli essere viventi in generale, possono non esserci da un momento all'altro.
Un terremoto, un incidente... può spezzare quel "filo".
Poi, oltre che per immortalare "l'istante", le fotografie vengon fatte per quel desiderio che spinge gli uomini a stare in compagnia e far gruppo, la condivisione. Di ritorno da un viaggio, le fotografie valgono più di milioni di parole. I nostri amici possono capire e vedere ciò che noi abbiam visto durante il nostro viaggio.

E poi vuoi mettere, tra 50 anni, quando saremo nonni o bisnonni, l'emozione che susciterà il mostrare le foto dei nostri viaggi ai nipoti e nipotini, i quali ci ameranno ancor di più.
Condivideremo con loro la nostra vita, i nostri ricordi, gli mostreremo che siam stati viaggiatori, fotografi e sognatori, anche nel caso non dovessimo ricordarci nemmeno l'indirizzo di casa.










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