Clock.
Non
è il rumore dell’orologio, ma semplicemente il piccolo tonfo della mia capsula
Nespresso che cade nella macchinetta. What else?
Beh,
a chi non è capitato di svegliarsi con una canzone in testa e di portarsela
tutto il giorno con sé?
Dai,
non negatelo…
Beh
io questa mattina mi sono svegliato, e non chiedetemi perché, con in testa
Elton John, ed in particolare una sua famosissima canzone: Sacrifice.
Per
quelli che non conoscono questo piccolo capolavoro c’è la possibilità di
ascoltarla in fondo al post, ma non scorrete subito, vi prego ;)
La
canzone in sé è bellissima, ma non è di quelle che poi si continuano a cantare
imperterriti e ininterrotti durante il corso delle ore; tuttavia il nome mi ha
fatto riflettere molto sul concetto di sacrificio.
Il
sacrificio è quanto di più nobile si possa nominare di tutti quei sentimenti e
situazioni che vanno a braccetto con l’amore, ed in alcuni suoi tratti
rappresenta una delle sue manifestazioni più grandi. È il contrario più forte
dell’egoismo, è la rinuncia alla realizzazione propria nell’attimo, in favore
della realizzazione altrui, è riservare per sé la matita e prestare
l’evidenziatore a chi ci è accanto.
Quanto,
quanto siamo disposti al sacrificio? Quanto possiamo trascurare noi stessi per
portare gli altri su un livello anche solo poco più in alto del nostro?
È
davvero difficile rispondere a domande come questa, è davvero davvero
complicato riuscire ad esprimere senza luoghi comuni la propria propensione a
mettersi da parte in favore di qualcuno che ce lo chiede, implicitamente o
meno…
E
l’amore…sì, il sentimento principe che tantissime volte si dimostra proprio con
il sacrificio diventa di esso il sinonimo più forte, il deus ex machina che
muove i fili trasparenti che spingono sulla scena un burattino, e ne
indietreggiano un altro. Rinunciare, lasciare andare qualcosa solo per far sì
che chi ci è accanto possa afferrare ciò che desidera, affidare il nostro
desiderio a quello di chi ci circonda, mascherare ogni nostra volontà dietro
una faccia che non è la nostra.
Quanto,
quanto vale la pena farlo?
Quanto
vale la pena mettersi da parte per qualcuno o qualcosa?
Quanto
questa nostra scommessa può davvero pagare?
Quanto
il nostro sacrificio è a perdere e quanto è a rendere?
Ma
soprattutto dove finisce il sacrificio e inizia la strategia?
Dove
il sacrificio si confonde troppo pesantemente con la rinuncia?
Può
il sacrificio perdere la sua spontaneità ed essere l’unico modo di uscire da
situazioni senza via di fuga? È veramente il modo corretto di portarsi fuori da
certi frangenti?
Vorrei
che queste poche domande vi facessero riflettere.
La più grande differenza fra il forte e il debole è che il forte si sacrifica, il debole rinuncia.
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